martedì, settembre 25, 2007

Suicidio di un filosofo



"Non voglio più, secondo la formula di Georges Bataille, 'rimandare l'esistenza a più tardi'.
Sono attento alla tua presenza come ai nostri inizi e mi piacerebbe fartelo sentire.Mi hai dato tutto della tua vita e tutto di te:vorrei poterti dare tutto di me durante il tempo che ci resta.
Hai appena compiuto 82 anni.
Sei sempre bella, elegante e desiderabile. Viviamo insieme da 58 anni e ti amo più che mai.Recentemente mi sono innamorato ancora una volta di te e porto in me un vuoto divorante che riempie solo il tuo corpo stretto contro il mio.La notte vedo talvolta il profilo di un uomo che su una strada vuota e in un paesaggio deserto, cammina dietro un feretro. Quest'uomo sono io. Il feretro porta via te. Non voglio assistere alla tua cremazione: non voglio ricevere un vaso con le tue ceneri... Spio il tuo respiro, la mia mano ti sfiora. Ad ognuno di noi due piacerebbe non dover sopravvivere alla morte dell'altro. Ci siamo spesso detti che se, per assurdo, avessimo una seconda vita, vorremmo passarla insieme"
(brano tratto da "Lettre à D. Histoire d'un amour" di André Gorz)

André e Dorine (la D. a cui è indirizzata la lettera) sono morti da qualche giorno. Il racconto, la lettera, da cui è stato tratto il brano qui sopra è stato scritto circa un anno fa. Lui, 84 anni, filosofo esistenzialista della scuola di Sartre, lei, 83 anni, sua compagna per tre quarti della sua vita, hanno varcato assieme la sottile soglia che fa da scudo alla nostra debole realtà.
Una amica, non avendoli sentiti da un po', è andata alla loro casa di campagna per parlare con l'anziano filosofo e saggiare le condizioni di sua moglie, affetta da una grave malattia evolutiva a cui si era sovrapposto un cancro.
"Sulla porta avevano lasciato un cartello: 'Avvertite i gendarmi'.L'amica l'ha visto ed ha lanciato l'allarme: i corpi del filosofo André Gorz e di sua moglie Dorine riposavano l'uno accanto all'altro. Hanno messo in atto quello che desideravano: morire insieme dopo quasi sessant'anni di vita comune".

(Il virgolettato è tratto da "la repubblica" di oggi, articolo di Giampiero Martinotti, il resto è liberamente diadattato dalla stessa fonte)

E' inutile, credo, scrivere come alla fine di un bel film la frase "tratto da una storia vera", perchè questa storia è troppo romanzesca per non essere vera. Uno scrittore non si sognerebbe mai di inventare un racconto del genere, perchè sarebbe troppo poco credibile. Ed è per questo che sconvolge, in tutta la sua innaturale naturalità.
Addio